Il nome di Bérénice

Il testo che segue è stato tratto dal primo numero della Nuova Serie di Bérénice (marzo 1993). La prima serie, chiamata «serie bianca» per il colore della copertina, era costituita da 33 numeri pubblicati dalla casa editrice Lucarini di Roma. Le note tra parentesi quadra sono attuali.

IL NOME DI BÉRÉNICE

di GABRIEL-ALDO BERTOZZI

Immaginate quante volte mi sia stato chiesto perché questa rivista da me diretta porti il nome diBéréniceSecretfermébouclécadenassé, ho conservato il silenzio per più di dodici anni. Per il gusto del mistero? Non so! Per pigrizia, dato che la risposta, se breve, sarebbe stata tanto riduttiva da diventare falsa? Forse, ma più probabilmente perché qualsiasi risposta sarebbe stata limitativa!

Nome: Berenice. Data di nascita: 3 novembre 1980. Luogo di nascita: Roma. Editore: Luciano Lucarini.Nazionalità: internazionale.

Ora che cambiamo veste mi viene però spontaneo dirvi il perché di questo nome. Senza mania di protagonismo, dato che, non bisogna dimenticare, la forza dell’iniziativa, il potere di realizzazione sono tutto merito del dott. Lucarini, in prima persona, senza intermediari [Luciano Lucarini fu il primo editore e unico finanziatore della rivista]. È grazie all’editore, alla sua fiducia accordatami anche per la scelta della testata che si battezzò Berenice. È rimasta sempre l’unica tra le sue che non avesse il titolo di una disciplina o non fosse chiaramente esplicativa del contenuto. Tale precisazione la riservammo al sottotitolo. E, pure in tal caso, l’unica molto specifica tra quelle della Casa Editrice, l’unica al mondo ch’io sappia – e dovrei saperlo – dedicata alle correnti d’avanguardia.

Innanzitutto, BereniceBérénice? Entrambi; infatti ricordo di aver fatto osservare all’editore che, se scritto tutto maiuscolo, cadeva il problema degli accenti. (Gli accenti del francese non mi dispiacevano esteticamente, ma non più di tanto. Diversamente sarebbe stato con un nome come Hélène: H, Hé, Hé-lène, é è, ´. .`, eee: un vero capolavoro del segno. Bérénice ha un altro fascino). Fu però la prova del grafico quella decisiva: “alto e basso senza accenti”. Il risultato fu accettato, ma l’uso restò duplice, dato che ragioni prettamente tecniche non annullano quelle dei contenuti.

Pierre Brunel ricorda il nome nel numero speciale su Baudelaire da lui brillantemente curato; Alain Borer ne fu attratto offrendo “esercizi di stile” sparsi nella corrispondenza a me diretta. Non molto dopo, una ipotesi venne formulata a Parigi. Tal Giovanni Lista, accanito di Futurismo, sempre convinto delle sue opinioni, mi disse di aver fondato una rivista e averla chiamata Ligeiatraendo, come prima avevo fatto io, il nome da un racconto di Edgar Allan Poe. Potenza di Poe o della Lucarini Editore? In ogni caso il filone è scoperto; seguite le istruzioni del dénommé Giovanni Lista e troverete nel repertorio muliebre dello scrittore americano altri nomi – tra l’altro molto belli – da assegnare a riviste che avete intenzione di fondare.

Certo, il riferimento non poteva dispiacermi, sia per la mia giovanile ammirazione verso Poe, sia perché non era del tutto estraneo a una rivista che si occupa d’avanguardia. Però non era quella la ragione.

Bérénice non è un nome tellementfrançaisda dover cercare di primo impulso, in questa area, il suo vivere, tuttavia trattandosi nel caso nostro di una rivista di letteratura francese, sarebbe logico trovare esempi ispiratori più nella letteratura francese, appunto, che in Poe. Non è tellementfrançais, ma piace ai francesi. Chi può dubitarne se si pensa a opere più o meno celebri come Bérénicedi Jean Racine, Le jardin de Bérénicedi Maurice Barrès, La Chevelure de Bérénicedi Claude Simon. Lo troviamo pure in una poesia non trascurabile, La Princesse Bérénice, di Paul Verlaine:

Sa tête fine dans sa main toute petite,

Elle écoute le chant des cascades lointaines

La risposta non è neppure questa. Ho appena detto in Bérénice come la Fenice[articolo apparso con questo nel primo numero della nuova serie] che la rivista nacque con l’Inismo. Non poteva però dedicarsi del tutto a questo perché non era un’iniziativa “privata” rivolta a un pubblico ancora in formazione. Oggi la situazione è completamente diversa. Aveva un editore che si rivolgeva a un settore di fruitori ampiamente confermato, gli studiosi di letteratura francese, un editore che aveva in tal direzione una buona esperienza avendo pubblicato gli apprezzati volumi della Letteratura francese contemporanea. Le correnti d’avanguardia, diretti da P. A. Jannini e da me e altre importanti opere. L’avanguardia comunque faceva già parte della scelta e l’Inismo (allora I.N.I., Internazionale Novatrice Infinitesimale), che mi prendeva sempre più, era già sorto. Questo, divenuto a sua volta corrente, si basava soprattutto (e si basa ancora molto oggi) sull’infinito e sull’infinitesimale, idea creativa che mi trasportava verso la Chioma di Berenice. Alla costellazione dunque mi rivolsi e non a opere letterarie, anche se la spinta di Callimaco e Catullo non mi era estranea, come estranea non mi era l’origine del mito egizio della regina che offrì la sua chioma ad Afrodite. In sede inista, per “compensare” ho realizzato subito Bérénice 2, una poesia oggetto (inglobato di polimetilacetimecrilato) oggi di proprietà dell’Archive of concrete and visual poetry (Miami Beach) di Marvin Sackner, il Jacques Doucet dei nostri tempi, e della sua non meno nota compagna Ruth [celebri collezionisti di opere d’arte d’avanguardia].

Ecco quindi la ragione del nome che però sento ancora come limitativa, devo aggiungere infatti che mi veniva spesso da pensare, soprattutto quando producevo opere (iniste), che secondo una teoria linguistica, valida o non, bercome Bérénice, sarebbe stata una delle prime quattro parole dell’uomo insieme con saljon,roš, (linguistica preistorica). E quante volte, alla vigilia della fondazione della Rivista, ho pensato pure a Berenice, mitica e perduta città egiziana dell’oro e dei papiri con i cui segni gli iniziati giungevano all’alchimia della parola!

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